In principio erano 7.

Una famiglia.
Sperduti in mezzo al bosco, imprigionati in un recinto fatiscente, pieno di qualunque tipo di schifezza.
Affondati nel fango.

I primi sopralluoghi portarono al sequestro, non solo dei maiali ma anche dei cani.

I cani, come sempre accade, furono immediatamente trasferiti in salvo mentre i maiali, pur nel sequestro, rimasero abbandonati lì.
Se possibile durante il sequestro la loro situazione è perfino, a tratti, peggiorata.
Dal recinto sciatto e sudicio, alcuni furono confinati in una baracca di legno.
Sigillati dentro.
Da una finestrina venivano gettati dentro pane e acqua.

Quando abbiamo aperto chiudevano gli occhi, non più abituati alla luce.
Si stringevano gli uni agli altri.

Cercavano di difendersi in un buco pieno di pattumiera, macerie e squallore.
Il maschio, seppur sotto sequestro, è scomparso.
Altre due maialine vennero rinchiuse in una gabbia barcollante in mezzo al nulla, senza acqua.
Avevamo detto alla forestale, dopo gli ultimi sequestri, che avremmo aiutato a trovar loro casa, non ci saremmo tirati indietro, ma non avremmo preso la custodia dei maiali e così è stato.

Con fatica abbiamo trovato una sistemazione che li prendesse tutti insieme, perché questa era l’indicazione della procura.
Per questo non abbiamo potuto dividerli tra i santuari, dovevano andare tutti in un unico lotto.

Ma, nel tempo, nei ritardi, nei rimandi della giustizia e dell’ingiustizia, alla mercè di chi li aveva resi prigionieri in quel modo abietto, sono nati dei cuccioli che per fortuna siamo riusciti a svincolare e tenere con noi.
E sono passati giorni dopo giorni, mesi dopo mesi, non ci diamo pace per questo.
Per circa altri 6 mesi gli animali sono stati tenuti in vita, in mano di chi li aveva fin a quel momento sfruttati, languendo e soffrendo la sete, mangiando male.

E quando ci fu di nuovo il rischio di abbattimento per via di intoppi burocratici, per evitare il peggio, finimmo anche noi in quell’inferno.

A ricordarci che la sete è molto peggio della fame sono stati loro.

Quando hanno visto un secchio hanno cominciato a strillare impazziti, ferendosi con la rete e il filo spinato, nel tentativo di uscire e raggiungere l’acqua.

Fu allora che decidemmo che mai più avremmo esitato a prendere la custodia di animali così detti da reddito.
Da quel momento non è passato un giorno senza che andassimo ad arrampicarci per quel sentiero con taniche d’acqua, vecan, mele profumate e cibo nutriente, nel fango, nei rovi, nella melma, nel cuore del bosco.

Abbiamo catturato nella boscaglia i piccoli che correvano felici all’impazzata tra cespugli e fronde, inconsapevoli che sarebbero presto diventati cibo. Quei bambini ora sono al santuario porcikomodi.

Le 6 maialine adulte sono state trasferite in un posto sicuro, dove verranno accudite fino a morte naturale.

Il giorno della loro partenza son scappate nel bosco, poi tornate, poi ancora scappate e infine ritornate.
Incredibilmente, in quel luogo, da cui ognuno di noi avrebbe desiderato fuggire per non tornare mai più.

In quella passeggiata nel bosco hanno grufolato, assaggiato ghiande, calpestato morbida terra profumata.
Due volte è dovuto venire il camion perché loro trovavano il modo di andarsene.
Avremmo voluto non tornassero più, vivessero per sempre libere nel bosco.
Ma il mondo degli umani non è così.
La caccia alle porte e imminenti minacce di ordini di abbattimento ci hanno riportato alla realtà di un mondo triste, dove i maiali non possono vivere nei boschi.

Quei boschi che prima, un tempo, erano degli animali.

Siamo soliti tirare un respiro di sollievo quando sappiamo che ad un sopralluogo segue un sequestro.
Che è sicuramente una cosa straordinaria in sé ma quello è solo il primo passo.
Il principio.
Tutto deve ancora accadere.
Se desideriamo restituire libertà e dignità agli altri animali occorre seguire le vicende, informarsi, approfondire, agire.
Non delegare mai. Vigilare. Fino a perdere il sonno.
Anche se in tanti ci dicevano, ma possibile che dobbiate andare voi?
Ad accudirli, a fare in modo, tutt’altro che semplice, che salgano sul camion?

Se non ci fossimo andati noi, loro non sarebbero più in vita o sarebbero stati trascinati senza alcuna cura con urla e zampe e schiena rotte da mani diverse dalle nostre.
Pensare che tanto gli altri faranno tutto bene e le cose si risolveranno da sole non è vero, quasi mai. E’ un alibi.
Con l’esperienza abbiamo appreso a malincuore che le cose cambiano se ci sei anche tu.

Noi siamo la differenza.
Tra la vita e la morte.
Tra il bene e il male.
Tra il giusto e lo scorretto.
Tra l’etico e l’inaccettabile.

Pensiamoci.

Sostieni i santuari, sostieni Porcikomodi.
Sii tu stesso strumento del cambiamento.

Sotto i maiali durante il viaggio e la loro nuova casa.

sequestro