di Sara d’Angelo

Il mondo alla rovescia

Tutta l’industria dello sfruttamento degli animali piange miseria, nell’attuale emergenza.
Dagli zoo, ai circhi, agli allevamenti, ai pastori.
Abbiamo visto e sentito tutti, in questi giorni, lamentarsi e avanzare richieste.
Verranno sostenuti e foraggiati.
Mentre nulla arriverà invece a chi di quelle industrie di lacrime e sangue raccoglie ogni giorno i resti, gli scarti, i corpi.

E’ tutto al contrario.

Mentre le associazioni, i rifugi, chi si occupa di animali, versano in estrema difficoltà e sono abbandonati a se stessi, alla filiera produttiva degli ovicaprini vengono stanziati 7, 5 miliardi.
Ulteriori incentivi e premi sono promessi a chi macellerà gli agnelli in marzo e aprile.
sara d'angelo
Mentre sono limitati gli spostamenti per tutti, e siamo prigionieri in casa e non possiamo neppure salutare i nostri morti al cimitero, gli agnelli e i capretti che vanno al macello possono viaggiare liberamente.
La loro sorte è, se possibile, ancor peggiore di sempre.
Sostando fino a 72 ore in un camion in attesa dell’adempiersi del loro destino.
Non che di solito sia tanto meglio.
Le altre Pasque.
Ma alzare il limite del tempo di attesa ben oltre le 48 ore, già infinite, per chi è esausto, strappato da sua madre, stipato, spaventato ed è solo un bambino, lascia senza parole.
Credo sia impossibile anche immaginarla tanta crudeltà.
Come abbiamo potuto arrivare a tanto, toglie il sonno e il respiro.
Se conti i minuti, i secondi, gli attimi eterni di quell’inesorabile, inascoltata, attesa.
Sono i rifugi a farsi spesso carico dei costi di mantenimento degli animali posti sotto sequestro penale per maltrattamento.
Senza che lo stato contribuisca in nulla.
Anche se dovrebbe farlo.
Quello stesso stato che foraggia l’allevamento e i responsabili di quei maltrattamenti. 

Ancora.

I rifugi accolgono e si accollano l’onere degli animali scartati, perché malati e improduttivi.
Mentre incentivi vengono dati a chi non vuole o non può curare quei medesimi animali.
Ovvero quasi tutti gli allevatori.
In quanto troppo costosi i farmaci o mantener gli animali in vita fino a che non vi sarà più traccia del medesimo farmaco nei prodotti in cui dovrebbero essere trasformati.
sara d'angelo
Proprio in questi giorni, un allevatore ci ha confidato, con candore, come fosse la cosa più normale del mondo, che lui, proprio, curarli, se si ammalano, non può.
Non ha le risorse.
Rovina il prodotto.
Non può far altro che lasciare che banali infezioni, che trattate con un comune antibiotico si risolverebbero tranquillamente, prendano il sopravvento e portino a morte, di inedia gli animali.
Nulla è giusto in tutto questo.
Il sistema produttivo.
Il modello di consumo.
Di società.
Con gli apparati che ne sostengono saldamente i pilastri.
Il mondo dell’allevamento si basa sul maltrattamento.
E’ agganciato indissolubilmente ad esso.
E ci parlano di benessere degli animali.
Allevatori, controllori e norma, ovvero quello stesso sistema che permette, autorizza e protegge il modello di allevamento.

Il benessere degli animali non esiste.

E’ morto su quei camion, nel macelli, in qualunque allevamento

E’ un ossimoro, inconciliabile.

Non solo.
L’allevamento è obsoleto, antieconomico e insostenibile.
Economicamente ed ecologicamente.
Sopravvive solo grazie a ingenti contributi statali e comunitari che tengono in vita un sistema altrimenti morente.
E non parliamo di etica.
Ma di ambiente, consumo di risorse, basso indice di conversione del cibo, inefficienza della carne come alimento dato l’ingente consumo di risorse necessarie a produrla.
Ma, in questo periodo, sembra da insensibili, estremisti e irresponsabili dire la verità.
Perchè la filiera produttiva è in difficoltà, non dovremmo parlare.
Accettare qualunque assurda teoria strampalata, falsa e orribile sulla necessità del sacrificio degli agnelli, della pastorizia o dell’industria della carne e dei sottoprodotti.
Chi scrive articoli provocatori e lettere aperte, mai come in questo periodo parla a vanvera.
In un momento in cui stiamo pagando il prezzo del nostro comportamento scellerato nei confronti del pianeta e delle altre forme di vita.
Nel momento in cui non si possono più derogare drastiche scelte per l’ambiente.
Ancora ci dicono che occorre tutelare e avere rispetto per la filiera produttiva.
 
Gli esiti di quel comparto non possono essere tollerati o giustificati tirando in ballo i posti di lavoro.
Il fatturato.
La ricchezza di qualcuno.
Il lavoro può cambiare.
E’ sempre cambiato.
Occorre avere coraggio e riconvertire.
 
E agli autori delle recenti lettere in cui promuovono il consumo di carne di agnello, vorremmo rispondere che siamo disarmati dalle loro motivazioni.
Dalle argomentazioni.
Di chi nulla conosce degli animali se non quando già fatti a pezzi.
Non sa niente della loro bellezza.
Della loro vita.
Di come sono gentili.
Intelligenti.
Di quanto possa essere bello conoscerli da vicino.
Rapportarci ad essi lontano da logiche di dominio.

Difronte a tutto questo.
Alla bruttura dilagante.
Ai nostri giorni più bui.
Come non gioire quando la natura, come se nulla fosse, invade il nostro spazio.
Le strade.
I tetti.
Le città.
I capannoni.
E, maestosa, si riappropria di mondi perduti.
Semina bellezza sulla cenere di un mondo in fiamme.
Travolgendo ogni miseria, come una nemesi.
Allora c’è ancora speranza.

Sara Vitadacani Onlus
Sara d’Angelo
Fondatrice e Presidente di Vitadacani, attivista per i diritti animali e referente della Rete dei Santuari di Animali Liberi
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