Comunicato stampa
Peste suina africana in Liguria:
L’Associazione Vitadacani della Rete dei santuari di animali liberi chiede al Ministro della Salute e al Commissario straordinario per la Psa la deroga all’abbattimento dei cinghiali che vivono nel torrente Bisagno e in tutti i torrenti genovesi, come già fatto per i maiali e i cinghiali dei rifugi!
Oltre alla deroga, chiediamo che gli animali, già conosciuti e chiamati per nome dai volontari che se ne occupano, vengano identificati e microchippati.
I cinghiali che vivono nel greto del torrente sono tutti sani, nessuno ha contratto il virus, e sono stanziali; da anni inoltre socializzano con le persone che se ne prendono cura e dalle quali ricevono cibo. Per questi motivi non possono più considerarsi selvatici e anche a loro può essere riconosciuto lo status che con lungimiranza il Ministero ha attribuito ai maiali e ai cinghiali ospiti dei nostri rifugi, sottraendoli così alla morte.

In Liguria parte con un’operazione facile, facile lo sterminio dei cinghiali nella zona considerata rossa per la peste suina africana: i primi a essere catturati e uccisi, nei prossimi giorni a Genova, saranno infatti gli animali che vivono nel torrente Bisagno, da sempre abituati ad avvicinarsi e a ricevere cibo dalle persone, volontari e volontarie da mesi insieme agli Animalisti genovesi e ad altre associazioni nella lotta per salvarli e per impedire la strage, non solo in città. Anche noi di Vitadacani intervieniamo nuovamente a fianco degli attivisti liguri per sostenerne le richieste.
Come gli animali dei rifugi anche i cinghiali del Bisagno vivono in un’area di fatto chiusa e sono stanziali; considerato che da sempre socializzano con l’uomo, non diversamente da quanto succede ai gatti accuditi nelle colonie feline o ai nostri animali nei rifugi, i cinghiali del Bisagno non possono più essere definiti selvatici.

Per questo anche per loro chiediamo la deroga all’abbattimento e la possibilità di censirli come ‘non destinati alla produzione alimentare.
Infine una precisazione:
i casi di salmonella rinvenuti non hanno niente a che vedere con la peste suina, ma sono certamente legati all’inquinamento delle acque.
