La nascita di Jill e Phipps
Vegan, la prima cagnolina uscita da Green Hill, partorì i suoi cuccioli di notte nella casa rosa.
Ne fece cinque, ma tre morirono subito, Jill e Phipps invece erano più vitali, si vedeva che ce l’avrebbero fatta.
Li ha puliti dalla placenta ed eccoli lì.
Così piccoli.
Dei topi perfetti.
I polpastrelli lucidi, rosa fosforescente.
Il nasino umido, a punta, come uno scoiattolo.
Il nero così nero e il bianco, dove i beagle sono bianchi, di un biancospino acceso, splendente.
Accecante bianco.
Nascevano liberi, lontano da là.
Avevamo scelto una fattrice per questo.
La prima a varcare il cancello di Green Hill da libera, per andare incontro a un destino roseo, non di morte, ma intarsiato di albe radiose e di un dolce domani.
Ad attendere lei e la sua progenie, la vita e il pianeta, immensi.
In quell’istante, magico, di libertà, era racchiuso, in tutta la sua magnificenza e splendore, solo il mondo, tutto intero e sterminato.
In potenza.
In attesa paziente dormiva il tutto, un attimo prima di risvegliarsi.
Ogni goccia di pioggia, ogni temporale, ogni filo d’erba, ogni corsa a perdifiato, ogni fiocco di neve, cristallo di ghiaccio, tutto il pianeta, nella sua bellezza, interezza e stupore si nascondevano nel ventre di Vegan sottratta al suo destino.
Jill e Phipps sono cresciuti rotolandosi per terra, su letti e tappeti, con Giulioneri.
Sono rimasti in famiglia, da amici, così da poter continuare a incontrare la madre e giocare tra di loro.
Cosa che non era mai stata concessa a Vegan: crescere i suoi cuccioli.
Mantenere con loro un rapporto.
Prima di ciò la banda tentò di distruggere la casa rosa, devastandone gran parte, come solo la potenza distruttrice di un beagle, moltiplicato all’ennesima potenza, trattandosi di un piccolo branco, riesce a fare in modo così minuzioso e inesorabile.
La devastazione e le operazioni di demolizione venivano condotte sotto gli occhi rassegnati degli altri cani di casa, che attoniti, almeno cercavano di discolparsi dalle malefatte con la tipica faccia che diceva “non sono stato io”.
Jill e Phipps si chiamavano così per ricordare Jill Phipps, l’attivista inglese uccisa travolta da un camion bestiame mentre tentava di fermarlo, durante le proteste contro l’industria della carne.
Si chiamavano Jill e Phipps per ricordare sia lei sia tutti gli animali che l’umanità, senza prestarvi troppa attenzione, con tale disinvoltura, mangiava.
Si chiamavano così perché nascevano liberi come desideravamo fossero un giorno tutti gli altri.
Non solo i cani.
Si chiamavano Jill e Phipps perché volevamo avessero il suo coraggio, il suo amore e la sua meraviglia nei confronti del mondo che in tutto il suo splendore, pur affondando nella melma, ci continuava a sorprendere e lasciare stupefatti. I due cuccioli avevano il suo nome, per riportare di lei in vita anche solo un pezzettino, di nuovo qui.
Perché potesse di nuovo guardare l’orizzonte senza fine del mare immenso, così tanto da fare paura.
Ancora e ancora.
La campagna contro Green Hill ha messo a nudo i sacerdoti della scienza, ha fatto parlare come mai era accaduto in Italia di vivisezione.
Pagine e pagine sui quotidiani, servizi sui TG, nei programmi di intrattenimento e ciò che è successo, le incredibili mete raggiunte, sono il risultato di chi ha osato.
Di chi si è messo in gioco.
Di chi è sceso in piazza con noi.